Era da molto tempo che non scrivevo una recensione, e come ogni volta la scrivo principalmente per me stessa, per mantenere il ricordo di un libro che ho letto.
Questa volta tocca al primo romanzo autobiografico, di Dave Eggers, ambientato in parte a Chicago in parte a Berkeley e a San Francisco, California.
La storia è improntata sulle esperienze di Dave e i suoi fratelli, e alle loro vicissitudini in seguito alla morte di entrambi i loro genitori, a breve distanza uno dall’altro. In particolare, Dave deve fare da tutore e gestire il fratellino adolescente Christopher, “Toph”: portarlo a scuola, portarlo al baseball, aiutarlo a studiare, mantenerlo e fare in modo che non senta eccessivamente la mancanza dei genitori. Allo stesso tempo, si lancia nell’attività creativa della gestione di una rivista indipendente, “Might”, insieme ad alcuni amici che diventano suoi soci.
Le giornate di Dave sono un turbine di emozioni ed acrobazie per riuscire a coordinare tutto, tra la gestione di Toph, i soldi che non bastano mai, le amicizie, alcune potenziali frequentazioni, e la voglia di evadere dalla realtà che lo schiaccia, e soprattutto ancora dal doloroso ricordo della scomparsa dei genitori.
La narrazione è incentrata soprattutto sulle sue emozioni, che trapelano di continuo dalle descrizioni e dallo svolgersi dei fatti. Dave tiene tantissimo al fratello, per il quale si sacrifica senza risparmiarsi e con cui instaura un rapporto di fiducia completa.
I due sono praticamente inseparabili, Toph frequenta gli stessi amici del fratello e anche grazie a questo, brucia le tappe della propria adolescenza dimostrandosi molto più maturo di un dodicenne “medio”.
Il libro è scritto con un’emotività molto evidente e coinvolgente, non risparmia anche le descrizioni più dolorose, come ad esempio le malattie dei genitori, o alcune situazioni difficili in cui Dave e i suoi amici si trovano coinvolti. È scritto con passione e spesso con crudezza, per mettere maggiormente il lettore in contatto con lui e in effetti, nel mio caso c’è riuscito.
Ha creato empatia e ha condiviso pensieri estremamente personali, ma che, lo ammetto, spesso hanno sfiorato anche me.