Questa è la storia di Marta, una ragazza italiana espatriata a Lisbona. O vogliamo dire “fuggita”?
A Marta piacerebbe fare la stilista, ma in Italia non aveva prospettive e ha colto al volo la prima occasione lavorativa offertale dal caso: un posto dentro a uno dei vari call center della capitale portoghese.
La sua vita procede lenta e solitaria, tra gli inconvenienti del lavoro e i problemi di convivenza “forzata” con altre persone, all’interno della casa pagata dall’azienda, finché non si imbatte in Josh, turista americano in cerca di avventure.
Attraverso un ritorno in Italia e alcune riflessioni durante il periodo trascorso con la sua famiglia, Marta capisce di essere già cambiata da quando si è trasferita a Lisbona, dove ritorna anche un po’ controvoglia, poiché è preoccupata per la salute della madre.
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Ho omesso volontariamente alcune parti della trama, poiché sono io la prima a non amare gli spoiler. Dirò solamente che la nostra protagonista attraversa due momenti realmente tragici della sua vita, che la mettono di fronte a un’idea diversa del futuro, e la spingono a rimettersi in gioco.
Le sue passeggiate nella suggestiva cornice di Lisbona, e i contatti con i vari personaggi reali e inventati, la vedono al centro di un dilemma che accomuna tanti ragazzi espatriati: “cosa faccio qui? quali sono i miei obbiettivi? qual è il mio futuro?”
Un bel messaggio, positivo anche se sofferto, arriva da questa narrazione: il fatto di ricominciare la propria vita in un luogo lontano dalla propria patria di origine, scontrarsi con realtà scomode e differenze culturali e linguistiche, ci può arricchire ma anche indurire il nostro carattere. Un altro punto che viene evidenziato, in comune a tanti espatriati, è la solitudine iniziale e l’impressione di non avere alcun punto di appoggio in caso di difficoltà.
Marta ci insegna a fare tesoro del nostro tempo, insieme all’inventore di macchine dell’Lx Factory: è un messaggio importante per tutte le persone che partono con un sogno e che poi, per vari motivi, si accontentano di essere appagati solo in parte da quello che fanno, ma non lo sono realmente in fondo alla loro anima.